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El Pardo

Lo chiamavano El Pardo. Era un duro. Correva voce che fosse stato un guappo.
Io ho visto solo delle foto in cui portava un cappello e un fazzoletto al collo, tipico di un guappo che si rispetti. Non gli ho mai chiesto niente, mi avrebbe fatto ancora più paura. Bastava un suo sguardo perché mi venisse voglia di rimettere.
Era così duro che dovevo dargli del "lei". Come lui a noi. Anche alla mamma davamo del "lei".
Si mormorava che per sposare mia madre, avesse gentilmente avvicinato un coltello al suo ventre dicendole che sarebbe stata sua o di nessun altro.
Poi è diventato ancora più duro. E l'ho visto con i miei occhi.
Così duro da scrivere delle lettere infinite d'amore a mia madre quando stava lontano per lavoro, lettere che oggi vorrei sapere dove sono.
Mia madre non conserva un bel ricordo di lui. Non l'ha capito bene.
Così duro da rubare a mia nonna una bambola che questa aveva nascosto per bene, per donarla a me e farmi diventare la bambina più felice del mondo. Ricordo ancora il suo vestito rosso.
Così duro da dire che non sarebbe andato a vedere mio fratello in carcere "era troppo lontano", per poi chiudersi nella stanza da letto e piangere come un bambino.
Così duro da portare tutta la squadra di pallacanestro a mangiare la pizza dopo la partita sia che avessimo vinto, che se avessimo perso, e dopo essere uscito prima dallo stadio perché sua figlia ad ogni canestro lo faceva piangere e lei ne faceva troppi.
Così duro da indurre il figlio più piccolo a giocare a pallacanestro perché era un bellissimo sport dove l'altra figlia, aveva trovato tanti amici e gli amici sono la cosa più bella del mondo.
Così duro che quando è nato Esteban, suo primo nipote, prese in braccio mio madre al grido di siamo nonni!! siamo nonni!!!
Così duro da lasciarci a 48 anni perché il suo cuore, così tanto, ma tanto duro, non ce l'ha fatta più.
Era mio padre.
Dovevo essere proprio così dura come lui?

El Pardoultima modifica: 2006-07-17T22:57:37+02:00da
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